In queste settimane migliaia di persone sono rimaste turbate per il gran numero di pazienti sintomatici che dopo giorni di permanenza a casa con il solo paracetamolo hanno presentato improvviso e rapido aggravamento che ha portato al ricovero e talora al decesso.

Infatti nonostante le misure in atto ormai da due mesi, la sospensione degli eventi di massa, il lockdown, la chiusura della maggior parte delle attività produttive, la curva dei contagi solo ora inizia a diminuire.  Ancora numerosi pazienti, sebbene in riduzione, necessitano di ricovero ospedaliero, in particolare nelle terapie intensive e nelle rianimazioni. Andrebbero implementati i sistemi di sorveglianza e di controllo e le attività territoriali e c’è una sopravvalutazione del ruolo dei tamponi per la gestione dei casi con chiara sintomatologia, che talora vengono eseguiti in ritardo. Si è creato quindi una sorta di imbuto tra il numero di persone che dovrebbero essere diagnosticate, assistite e curate e la disponibilità delle forze in campo.

La conclusione di questa somma di circostanze è che ancora troppe persone rimangono a lungo a casa spesso trattate con il solo paracetamolo, in assenza di controlli clinici e strumentali. Ne deriva che un numero rilevante di pazienti va incontro ad improvviso e rapidissimo aggravamento, con inevitabile ricovero ospedaliero e spesso con necessità di ventilazione invasiva, non raramente vana in quanto subentra il decesso.

In sintesi:

  1. Il numero di decessi a causa della malattia COVID è ancora eccessivamente elevato;
  2. Parte di questi decessi è legata ad un tardivo intervento terapeutico, che in diversi casi determina rapida quanto irreversibile evoluzione della malattia;
  3. L’eccessiva ospedalizzazione può essere a sua volta fonte di contagio e di diffusione dell’epidemia, soprattutto nel personale di assistenza COVID;
  4. È necessario quindi provvedere alla riorganizzazione dell’assistenza domiciliare ed allo spostamento dell’attenzione dall’ospedale al territorio;
  5. Un intervento precoce a livello territoriale mirato alla identificazione dei casi e all’inizio immediato di terapia domiciliare porterebbe ad una riduzione dei casi severi, ad una diminuzione dei ricoveri, ad una minore pressione sulle strutture sanitarie e in prospettiva ad una sensibile riduzione dei decessi;
  6. Bisognerebbe evitare il trattamento sin qui effettuato con il solo paracetamolo, inadeguato da solo ad evitare un aggravamento dei sintomi e ad impedire evoluzioni anche fatali in casi inizialmente non gravi.

 

 

 

Razionale  per un intervento precoce

  1. L’associazione idrossiclorochina-azitromicina si è rivelata in alcuni studi sebbene non controllati e non doppio cieco in grado di prevenire l’evoluzione a forme più severe di COVID;
  2. Tale associazione è già entrata nei protocolli terapeutici di diverse nazioni;
  3. L’idrossiclorochina è un farmaco sostanzialmente maneggevole anche se non del tutto scevro da effetti collaterali anche potenzialmente letali, di gestione domiciliare, somministrato per os, ampiamente in uso in pazienti reumatologici;
  4. L’azitromicina è un antibiotico ampiamente usato nella pratica clinica, che in uno studio di associazione con idrossiclorochina si è dimostrato in grado di aumentare i casi di eliminazione virale rispetto alla sola idrossiclorochina;
  5. Entrambi i farmaci possono determinare alterazioni della conduzione cardiaca (allungamento del QTc), con possibile innesco di tachicardie ventricolari ed arresto cardiaco;
  6. Data la diffusione da parte media della notizia, è alto il rischio che alcuni pazienti possano pervenire ad auto somministrazione di uno o di entrambi i farmaci;
  7. L’uso off-label dovrebbe avvenire unicamente nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19;
  8. Il costo dei due farmaci è esiguo (idrossiclorochina : circa 7 euro per una confezione di 30 compresse da 200 mg; azitromicina: circa 7 euro per una confezione da 3 compresse da 500 mg).
  9. Condizionare l’inizio della terapia nei casi con sintomatologia evidente all’attesa della positività del tampone può implicare un notevole ritardo del trattamento, con conseguenze a volte fatali.

 

Situazione attuale:

L’ AIFA ha già varato alcuni protocolli per valutare gli esiti di trattamenti con la clorochina; in particolare, sono in atto:

Hydro-stop – somministrazione precoce di Idrossiclorochina, volto a valutare l’efficacia della clorochina rispetto allo standard di cura (paracetamolo), per il trattamento domiciliare di pazienti che presentano un quadro clinico lieve di COVID-19 e che si trovano in isolamento domiciliare.

PROTECT: prevede la somministrazione in profilassi di clorochina a categorie a rischio (operatori sanitari, conviventi di malati), cioè PRIMA che si ammalino, e a soggetti COVID positivi asintomatici o paucisintomatici in terapia. Dopo una dose di carico diversa a seconda dell’età (65 anni), la profilassi proseguirà con una dose a settimana per tre mesi.

AMURRAVID; prevede la somministrazione a pazienti con polmonite e quadri infiammatori severi  ma non intubati di clorochina associata ad un farmaco ad azione immunologica, come tocilizumab, canakinumab, sarilumab, siltuximab, baricitinib e cortisone.

AZI-RCT-COVID-19: finalizzato a confrontare in pazienti ricoverati per polmonite in corso di COVID efficacia e sicurezza della associazione clorochina-azitromicina verso la sola clorochina.

Commento

Non si può negare l’interesse delle istituzioni per la terapia con clorochina, dato che sono operativi ben quattro protocolli di trattamento o profilassi.

Tuttavia due di questi (AMURRAVI e AZT-RCT-COVID-19) arruolano pazienti gravi ed ospedalizzati, mentre gli altri due prevedono la positività del tampone.

Del tutto di recente è stato accolto il ricorso al TAR Lazio presentato da due avvocati per conto di alcuni MMG, relativo alla indispensabilità del tampone per iniziare le terapie domiciliari in pazienti con sintomatologia evidente e compatibile con COVID.

Di seguito la notizia sulla risposta del TAR Lazio

 

 

Tar, nel Lazio stop a limiti prescrizione medici famiglia

Ok a clorochina, senza attendere tampone. Udienza il 19 maggio (ANSA) – ROMA, 07 MAG –

Il Tar del Lazio ha sospeso, almeno fino alla trattazione collegiale del ricorso, la nota con la quale il 6 aprile scorso la Direzione regionale salute della Regione Lazio, limitando il diritto di prescrizione dei farmaci dei medici di medicina generale, richiede l’accertamento di positività all’infezione per la somministrazione delle molecole di idrossiclorochina, clorochina e altre contenute nel ricorso di alcuni medici.

La decisione è contenuta in un decreto monocratico a firma del presidente della terza sezione quater del tribunale amministrativo, con fissazione il 19 maggio prossimo dell’udienza di trattazione collegiale della richiesta cautelare.

Accolte, quindi, le tesi di alcuni medici, ricorrenti con gli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino. Quindi tale decisione prevede la libertà di prescrivere, sottolineano i ricorrenti “senza necessità di attendere un tampone spesso tardivo e/o falso negativo, garantendo la tutela del diritto alla salute ed il principio d’uguaglianza tra i cittadini italiani”.

 

Claudio Puoti, MD

Infectivologist- Hepatologist

Liver Unit, INI Research Institute and Clinics – Grottaferrata, Rome

Hepatologist Consultant, National Cancer Institute “Regina Elena”, Rome

Professor of Psychopharmacology, “N. Cusano” University, Rome

Editor for Hepatology, Eur J Intern Med, Amsterdam

Claudio Puoti

Claudio Puoti

Liver Unit, INI Research Institute and Clinics - Grottaferrata, Rome Hepatologist Consultant, National Cancer Institute "Regina Elena", Rome Professor of Psychopharmacology, "N. Cusano" University, Rome www.epatologia.org

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